Venire alla luce della verità

Preparazione: Accendi una candela, poni accanto ad essa il vangelo e un crocifisso.

Canto iniziale: Luce di verità (da cantare e se non te lo ricordi bene fai partire youtube)

Luce di verità, fiamma di carità, vincolo di unità, Spirito Santo Amore.
Dona la libertà, dona la santità, fa dell’umanità il tuo canto di lode

Cammini accanto a noi lungo la strada,
si realizzi in noi la tua missione.
Attingeremo forza dal tuo cuore,
si realizzi in noi la tua missione.
(Spirito, vieni)

Nel nome del Padre…

Preghiera invocativa
Guidami, Luce gentile, in mezzo alla tenebra che mi circonda,
Guidami Tu innanzi!
Buia è la notte, ed io son lontano da casa.
Guidami Tu innanzi!
Rendi saldi i miei piedi: io non chiedo di vedere
l’orizzonte remoto, mi basta un solo passo.
Non fui sempre così, né pregai sempre che Tu
mi conducessi innanzi.
Amavo il giorno splendente e, più forte del timore,
l’orgoglio dominava il mio volere: non ricordare gli anni passati!
Così a lungo m’ha la Tua potenza benedetto, che certo ancora
vorrà guidarmi innanzi,
oltre lande e paludi, oltre rocce e torrenti, fino a quando
la notte sia trascorsa;
e con il mattino mi sorrideranno gli angelici volti
che ho per lungo tempo amati, e per un tratto perduti.
(John Henry Newman)

Apri il Vangelo e leggi da Giovanni (9,1-41)

Fai un po’ di silenzio e poi leggi lentamente questa riflessione 

Siamo ciechi anche noi? (v. 40 ). È la domanda che ciascuno è portato a farsi dopo l’ascolto di un tale vangelo. Gesù ci dà un criterio: l’essere giunti alla consapevolezza che non lo lasciamo entrare in tutta la nostra vita, che esistono delle zone d’ombra che prima o poi bisognerà rischiarare, significa già essere predisposti alla sua accoglienza. L’unico peccato è quello, invece, di rifiutare la luce, di non volerla accoglierla perché ritenuta superflua a ciò che siamo. Ovviamente qui non stiamo parlando di ammettere e correggere dei limiti strutturali della nostra persona che ci portiamo dietro. Qui si tratta di mettere tutta la nostra vita nelle mani di Dio; lasciar illuminare da Dio, dal suo volere, dalla sua verità anche quelle parti di noi che riproviamo, che vorremmo tenere lontano anche dal nostro sguardo. Lasciamo che la luce del Cristo illumini quelle ragnatele che nascondiamo dentro l’armadio; ne va dell’autenticità del rapporto con Lui. Non è vero che sono cose piccole, che possiamo affrontare da soli, irrilevanti a confronto di tutto il resto. Il salmo 36 ci dice che l’empio s’illude con se stesso, davanti ai
suoi occhi, nel non trovare la sua colpa e odiarla (v. 3). E ancora il salmo 49: Questa è la via di chi confida in se stesso, la fine di chi si compiace dei propri discorsi. Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore la morte (vv. 14-15). Abbandoniamo l’idea di dover essere noi la guida a noi stessi; è un inganno del maligno, si veste da angelo di luce per portarci dove lui vuole. Ci sta ingannando quando pensiamo che il nostro rapporto con Lui sia autentico, se non decidiamo di affidarci nelle mani di coloro i quali sono chiamati da Cristo a discernere con noi la sua volontà: “credere la Chiesa” significa anche questo. Questa sarà la prova, che innanzitutto daremo a noi stessi, che solo Cristo è il nostro pastore, come pregheremo domenica con il salmo 23. Lasciamo che sia Lui a portarci anche per quei terreni che ai nostri occhi sembrano una “valle oscura” perché ci allontanano dai nostri progetti. Quando abbiamo trovato Lui, abbiamo trovato quella parte che non ci sarà tolta, abbiamo depositato il nostro tesoro nel Regno dei cieli. Lui è la via, la verità e la vita (Gv 14,16). Questi elementi non sono mai separabili tra loro: il cieco ha percorso la via di Cristo, proprio perché ha camminato nella verità e così ha avuto la vita. Anche se questo umanamente gli è costato; ma proprio questa morte apparente, ovvero la morte sociale, gli è valsa l’incontro con Cristo. L’ex-cieco è stato la prima pecora condotta dal Cristo buon pastore fuori dall’ovile; per questo il discorso di Gesù che segue è proprio quello del buon pastore. Il Signore è fedele alle sue promesse. Subito prima dell’incontro con il cieco aveva affermato: Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (8,31-32). Il cieco ha conosciuto la verità ed è divenuto libero. È venuto alla luce nella verità.
Ma che cos’è la verità? “Quid est veritas?”, chiederà Pilato (Gv 18,38)… I medievali, anagrammando le lettere della domanda di Pilato rispondevano: “Est vir qui adest”, ovvero “è l’uomo che hai di fronte”, è Cristo stesso. Ma cosa significa questo? Significa che gli attributi della verità sono gli stessi di Cristo: è mite, è umile di cuore, è misericordiosa, è povera in spirito, è pura di cuore, è operatrice di pace, è perseguitata e insultata, è crocifissa dalle logiche del mondo dell’ “andare avanti”, dell’ “avere successo”, dell’ “avere prestigio”, dell’ “avere potere”, dell’ “ottenere un ruolo”. Non si convince nessuno utilizzando la verità come un martello per spaccare dei presunti errori, semplicemente perché quella non è verità, perché non ha la “forma” di Cristo. Essa ha una forza intrinseca che non dipende da noi, ma da Cristo stesso. La verità è la voce di Cristo che risuona nel nostro cuore, è forte quando sembra debole, è acqua che perfora la roccia. Riuscire a sentirla è dono di Dio; e questo dono è così importante che il Signore ha chiesto espressamente al Padre che ci “consacrasse nella verità” (cfr. Gv 17,17). Egli dice: per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità (17,19). Gesù è morto per questo, perché sa che nulla vi è di più importante del rapporto vero che ciascuno di noi può avere con il Padre.
Soffriamo, allora, il trauma che il bambino vive durante il parto. Decidiamo di affrontarlo per venire alla luce della verità. Gesù termina il dialogo con Nicodemo dicendo: chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio (3,21). Questo significa rinascere dall’alto (Gv 3,3), nascere da acqua e da Spirito (3,5). Non si finisce mai di nascere. Non si è mai nati una volta per tutte. Con queste domeniche di quaresima noi non facciamo semplicemente un ricordo del battesimo, ma lo riviviamo, come esperienza forte di immersione nella verità di Cristo. Vi lascio con le parole che il priore di Tibhirine dice durante “l’ultima cena” nel film “Uomini di Dio”: «Ci siamo trovati disarmati e, giorno dopo giorno, abbiamo scoperto quello a cui Gesù ci chiama: una seconda nascita. la nostra identità di uomini va da una nascita all’altra. E da una nascita all’altra finiremo anche noi per far nascere questo figlio di Dio che siamo noi. Perché l’incarnazione, per noi, è lasciare che la realtà filiale di Gesù si incarni nella nostra umanità. Il mistero dell’incarnazione è proprio quello che tutti noi viviamo. È così si radica quello che abbiamo già vissuto qui e quello che dobbiamo vivere ancora».

Orazione

O Dio, Padre della luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore. Egli è Dio e vive…

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